
I Paesi NATO accettano di portare le spese militari al 5% del PIL. Sarà una vera ecatombe per i diritti sociali, per i servizi pubblici, per l’ambiente e per il lavoro.







È surreale: ieri l’Europa ha scelto ancora una volta di inchinarsi ai voleri di Trump, accettando senza condizioni l’aumento delle spese militari.
Eppure non era inevitabile: la Spagna ha detto no, dimostrando che un’alternativa era possibile.
Nel dettaglio, il 3,5% del PIL – pari a 700 miliardi in dieci anni solo per l’Italia – andrà in armi, munizioni, mezzi, missioni, stipendi militari, pensioni e sostegno alla guerra in Ucraina.Un altro 1,5% sarà destinato alla cosiddetta “sicurezza nazionale”: infrastrutture, ferrovie, porti, cybersicurezza, difesa dei confini.
In totale: quasi 1000 miliardi in dieci anni. Una cifra enorme, insostenibile, semplicemente inimmaginabile.
E come verranno reperiti questi soldi? Lo ha detto chiaramente il Fondo Monetario Internazionale: o nuove tasse, o tagli draconiani ai bilanci pubblici. Tagli alla sanità, alla scuola, ai servizi per le comunità, alla cultura, alla transizione ecologica, al lavoro, agli enti locali.
Tutto ciò che costruisce diritti e futuro rischia di essere smantellato per finanziare una nuova corsa al riarmo.
Insieme possiamo fermarli.La mobilitazione è già partita, la convergenza del 21 giugno è stato solo l’inizio.
Ora dobbiamo allargarla e consolidarla.
#StopRearmEurope – Per i diritti, per la vita, contro la guerra, il riarmo, il genocidio, l’autoritarismo.