Società della Cura – Liguria

Nel mezzo di una crisi eco-climatica prossima ad un punto di non ritorno, di una crisi idrica che mette a rischio gli approvigionamenti essenziali delle comunità, a Ponente continuano i tagli delle zone verdi, delle alberature, aree essenziali alla termo regolazione dei ‘corpi urbani’.

Il rapporto sul consumo di suolo del 2022 dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), grazie al Piano Casa e agli incentivi fiscali, continua ad attestare la Liguria tra le regioni con valori sopra la media nazionale e compresi tra il 7 e il 9%. Anche ad Imperia, sebbene con valori decisamente più moderati rispetto agli anni devastanti della speculazione edilizia, come ben ci aveva raccontato Italo Calvino, i valori di crescita raggiungono il 6,35%, (dati relativi al 2021) con un consumo stimato pro capite di 351 mq/ab.

Chissà cosa ci aspetterà nei prossimi anni con il portafoglio pieno del PNRR detenuto dalla Regione Liguria, con criteri di elargizione e premialità poco chiari e molto discrezionali?

Intanto a Sanremo sono avviati i lavori per la costruzione di un complesso sportivo su tre livelli, una struttura che la città aspetta da decenni, per ospitare palestre polivalenti e due piscine, con i relativi locali accessori. L’opera, realizzata con la formula “in costruendo”, avrà una spesa realizzativa di 8 milioni e 600 mila euro, ma un costo sociale da riconoscere in 20 anni al soggetto attuatore di circa 15 milioni di euro. L’istituto della finanza di progetto, più che una tecnica finanziaria è una filosofia di investimenti, poiché ciò che conta in questa operazione è la redditività delle attività che la costruzione dell’opera genera. Speriamo non diventi troppo gravoso per le sportive e gli sportivi sanremesi, fruitori di un servizio collettivo che avrebbe potuto essere finanziato da Cassa Depositi e Prestiti ad un tasso agevolato, ma questa è un’altra storia. Inoltre, il complesso sorgerà sulla discarica di Pian di Poma, una delle principali discariche di materiale terroso proveniente dai lavori per la costruzione dell’autostrada A10 Genova-Ventimiglia, sorta in un’area già sottratta al mare; la costruzione di opere permanenti, a meno di cento metri di distanza dalla riva del mare o dei fiumi, rappresentano un rischio non trascurabile. Permettere alle onde e alle acque di recuperare i propri spazi naturali, rappresenterebbe una minima azione di prevenzione, soprattutto nei luoghi dove si potrebbero manifestare le forze distruttive della natura: secondo l’Unesco, le probabilità che uno tsunami si sviluppi nel Mediterraneo entro i prossimi trent’anni sfiorano il 100%; è quanto emerso dalla conferenza dell’Onu sugli oceani, tenuta a Lisbona dal 27 giugno al 1 luglio scorsi, nella quale è stato delineato un programma di prevenzione per il nostro mare.

Dentro questo quadro, senza evocare scenari catastrofici, la contraddizione ecologica assume connotati dirimenti e non più procastinabili, mettendo radicalmente in discussione l’attuale modello economico e sociale, che persiste a «cercare di salvare il clima nella misura in cui questo non costi niente, o non troppo, e nella misura in cui questo consenta alle imprese di ricavare profitti». Quella attuale, è la prima crisi della storia non dettata dalla penuria, ma dalla sovraproduzione e dal sovraconsumo, figlia senz’altro dell’attività umana, ma dentro un’epoca storicamente e socialmente determinata dal modello capitalistico e dall’economia di mercato.

E allora, le parole del Presidente Toti che inneggiano a termovalorizzatori, alta velocità e rigassificatori per tutelare l’ambientale, in piena campagna elettorale, scioccano non meno del silenzio assordante che ne è seguito. Servirebbero centinaia di interventi diffusi per manutenere e ripensare i nostri territori, sfregiati dal fuoco, dalla siccità, dall’acqua e non meno da frane e cemento, ma per far ciò occorre rimettere in discussione profondamente la finalizzazione dell’economia.

L’ambientalismo senza anticapitalismo è giardinaggio” Chico MendesMauro Giampaoli