di Raniero La Valle – Il Fatto Quotidiano
6 settembre 2022

Ci sono due notizie pubblicate dal Fatto Quotidiano di cui non si può dire “se fossero vere”, perché sono vere, ma di cui si può dire che se avessero un seguito fino all’ultimo loro possibile sviluppo potrebbero gioiosamente rovesciare, come altre volte è accaduto, le previsioni deprimenti dei sondaggi pre-elettorali.

La prima delle due notizie è quella rievocata da Barbara Spinelli di un grave errore compiuto da Michail Gorbaciov, di cui peraltro in questi giorni si è ricordato il valore della visione storica e politica. La seconda notizia è quella riferita da Stefano Fassina, uno dei leader più prestigiosi che lasciarono il Pd, secondo il quale “Conte attrae consensi dall’area progressista e da quella cattolico-sociale, attenta alle conseguenze economiche e umanitarie del conflitto (ucraino) oltre a portare avanti i temi del lavoro che il Pd trascura da anni’: e lo fa con un programma “chiaramente di sinistra” che “intercetterà tanti elettori indecisi o delusi da un Pd troppo appiattito su Draghi”.

L’errore di Gorbaciov è stato quello di fidarsi dell’Occidente, che alla fine della Guerra fredda gli aveva assicurato che la Nato non si sarebbe allargata a Est “neanche di un pollice” per tener conto degli interessi di sicurezza russi.

Tutte le delegazioni occidentali reduci dai negoziati con Gorbaciov registrarono nei loro resoconti questo impegno di cui però si trascurò di dare atto per iscritto in un documento formale. Gorbaciov dimostrò invece ben altra attenzione agli interessi comuni e di amare la Germania più dei suoi alleati atlantici quando fece aprire il Muro di Berlino, che non cadde per nessuna insurrezione popolare, ma per una decisione politica che il leader sovietico, interpellato dai dirigenti tedeschi, comunicò loro

per telefono, mentre Andreotti salutava l’evento con la celebre battuta secondo cui amava tanto la Germania da preferire che ce ne fossero due invece di una sola felicemente riunificata. Tanto Gorbaciov faceva credito ai suoi interlocutori nella politica mondiale che giunse a proporre da Nuova Delhi, insieme al premier indiano Rajiv Gandhi, “un mondo libero dalle armi nucleari e nonviolento”. In una solenne dichiarazione del 27 novembre 1986, rivendicando di rappresentare oltre un miliardo di uomini, donne e bambini dei loro due Paesi, “che insieme fanno un quinto dell’umanità intera”, essi affermavano che ”la vita umana è il valore supremo’: che “il mondo è uno e la sua sicurezza indivisibile. Est e Ovest, Nord e Sud, indipendentemente

dai sistemi sociali, dalle ideologie, dalle religioni e dalle razze, devono essere uniti nella fedeltà al disarmo e allo sviluppo”, garantire giustizia economica e rinunciare agli stereotipi “di chi vede un nemico in altri Paesi e popoli”: una proposta politica di una lungimiranza senza precedenti, che non fu degnata nemmeno di una informazione dai grandi giornali d’Occidente (fu pubblicata invece dalla rivista Bozze87).

L’Italia potrebbe ora, di fronte allo scempio dell’aggressione russa e della rovinosa reazione occidentale, raccogliere quella eredità e farsi promotrice, ma con maggiori affidamenti, di un analogo impegno da parte di tutti gli Stati: ciò che infatti è stato concepibile una volta può essere concepito e realizzato ancora.

Lo strumento che, nero su bianco, essa potrebbe proporre alla comunità internazionale è un Protocollo che estendesse il ripudio italiano della guerra a tutti i partner della comunità mondiale e ne esigesse l’impegno alla difesa dell’integrità della Terra.

Tale Protocollo, da allegare al Trattato sull’Unione europea e alla Carta dell’Onu, è già pronto, formulato e proposto, come riferito dal Fatto del 25 agosto, dall’Istituzione italiana “Costituente Terra”, firmato da illustri costituzionalisti, da centinaia di elettori e fatto proprio da numerosi candidati di diversi partiti alle elezioni del 25 settembre.

Si tratta di un’iniziativa internazionale dell’Italia che gli eletti dovrebbero promuovere nel prossimo Parlamento per una uscita definitiva dalle politiche e dalle culture di guerra, ormai incompatibili con la decisione del first use (“primo uso”) dell’arma nucleare adottata dalle maggiori potenze atomiche e per una loro sostituzione con politiche e garanzie di solidarietà economica e sociale veramente globale.

Anche il candidato Giuseppe Conte, che viene non solo da una tradizione democratica e di movimento popolare, ma anche dall’alta lezione etica del cardinale Silvestrini, potrebbe fare proprio questo impegno e “contagiarlo” per un’azione comune alle altre forze politiche.