Numerose le prese di parola di docenti, studenti, politici, sindacati sulla riapertura della scuola. Diamo ora alcuni link che portano a riflessioni diverse, talvolta divergenti tra loro.

– Qui accanto Il link al post di  Eleonora Forenza, ex parlamentare europea, dirigente nazionale di Rifondazione Comunista: 
https://www.facebook.com/302764019871151/posts/1828279220652949/?d=n

Condividiamo le considerazioni della Forenza sulla “sicurezza” sulla “presenza” sulla “scuola azienda”, sul “silenziamento del mondo della scuola”. Siamo sicuramente d’accordo sulle gravi assenze delle istituzioni da lei segnalate che sottraggono alla gioventù il diritto fondamentale all’istruzione, alla formazione, allo stare insieme. Tuttavia nessuna resa, di fronte a tanta irresponsabilità. Nessuna interruzione nell’esigere l’apertura completa della scuola. Per tutte e tutti. Da subito e in sicurezza. E’ SOLO una scelta politica.

– L’altro testo su cui invitiamo a riflettere è  il documento dei Cobas Bologna, qui il link: http://www.cobasbologna.it/blog/scuole-aperte-e-sicurezza di cui, qui sotto, alcuni stralci:

“… Le scuole superiori non sono un luogo più insicuro di tanti altri posti di lavoro aperti, a partire dalle stesse scuole medie, elementari e materne e risulta davvero difficilmente comprensibile perché sul piano della sicurezza chi lavora nella scuola media lo faccia in presenza e chi lavora nella scuola superiore invece no…(…) Docenti e ATA che chiedono le scuole chiuse per motivi di sicurezza fruiscono quotidianamente dei servizi pubblici ma anche privati in cui altri lavoratori e altre lavoratrici garantiscono loro la possibilità di fare visite, esami del sangue, acquistare medicine o anche semplicemente di fare la spesa, mettendo in gioco i loro corpi e le loro paure personali. Perché proprio noi che lavoriamo nella scuola (e per giunta solo quelli delle scuole superiori) dovremmo essere meno motivati ad esserci e a lottare contro il deserto sociale che ci sta annichilendo tutt*? La lotta per la sicurezza pensiamo si debba combattere sui luoghi di lavoro con le scuole aperte, a partire dalla richiesta di un sistema di tracciamento efficace e di servizi sanitari nelle scuole, che gestiscano in modo diretto i tamponi rapidi sul posto. Gli interventi del governo e ancor più delle regioni non sono adeguati e per questo dobbiamo continuare a batterci, ma le nostre rivendicazioni non possono giustificare la chiusura delle scuole, a meno che l’emergenza non abbia portato a chiudere anche le attività produttive.

Condividiamo pienamente il documento, per questo ne diamo diffusione. 

– In allegato, il “Comunicato del Liceo Tasso per il rientro a scuola” il cui incipit..

Il vero virus nelle scuole è la mala gestione. Virus che già in questi anni di tagli all’istruzione ha serpeggiato silenziosamente nelle scuole italiane di ogni ordine e grado ma che, col sopraggiungere della pandemia, si è manifestato mettendo in risalto fratture profondissime. Un virus che ha contaminato, roso dall’interno l’istruzione e il valore sociale e umano della scuola, ora svuotata di ogni senso educativo, dell’idea stessa che ne è alla base, del suo essere priorità e fondamento di un paese e di un popolo che intendano sviluppare un pensiero critico e dunque libero…”.  
Qui sotto ancora due testi: la lettera di Francesca Romoli, del Coordinamento di Reti di Pace. Riportiamo per intero la testimonianza del suo vissuto di insegnante, in questo periodo. Rappresenta il nostro pensiero e il nostro sentire.

Care e cari,
io insegno al Cine-TV Rossellini. Ho una finestra su un meraviglioso mondo adolescente che chiede al mondo adulto di dare alla scuola un posto importante, cruciale, nella vita del nostro paese. 
Se davvero crediamo nella scuola, allora occorre lavorare per garantire a tutte e tutti le studentesse e gli studenti di tutta Italia, dal nido all’università, il diritto allo studio, alla frequenza scolastica regolare, al tempo pieno. Occorre che gli sforzi progettuali di pianificazione e logistica siano indirizzati all’unico fine: mantenere le scuole aperte in sicurezza, garantire la vita scolastica e sociale alle generazioni più giovani del nostro paese. La pandemia colpisce di più gli anziani nelle corsie e colpisce di più ragazze e ragazzi nel cuore delle relazioni e della costruzione del sé. 
Lavorando da anni per scelta di vita sul sostegno, ho avuto l’opportunità di continuare a lavorare sempre in presenza; da decreto infatti, alunn* con disabilità, Dsa, Bes, figli e figlie di operatori sanitari potevano continuare a frequentare la scuola. Ho avuto l’opportunità di continuare a insegnare guardando negli occhi ragazze e ragazzi, anche se mancava una parte fondamentale: la scuola delle relazioni, delle classi presenti e rumorose di vita, dei colleghi e colleghe che nella scuola vogliono lavorare in carne ed ossa. Fare didattica a scuola con 5 o 6 alunni e alunne è stato da una parte essenziale come respirare, perché ragazzi e ragazze con fragilità diverse non avrebbero retto un nuovo confinamento. Dall’altra è stato frustrante collegarsi da una scuola vuota e seguire la DAD, ribattezzata DDI, sentendosi ancora più diversi e diverse. Non basta accogliere alunne e alunni con fragilità (e siamo stati tra i pochissimi istituti a farlo), la scuola deve essere in grado di accogliere tutte e tutti in sicurezza. Vi dico che il pensiero della didattica da casa mi uccideva: aver avuto l’opportunità di andare fisicamente nel luogo deputato allo studio e alla relazione studente-docente, mi ha dato serenità e tanta voglia di esserci per tutti e tutte i miei alunni e alunne. 
La ripresa del 7 gennaio, dopo la gestione non brillante dell’apertura dell’anno scolastico,  sembra ancora avvolta dall’incertezza: i mezzi pubblici non pronti, lo scaglionamento orario, la presenza al 50%, le regioni che motu proprio ritarderanno l’ingresso in classe al 31 gennaio… questa incertezza del mondo adulto dà al mondo adolescente la certezza che la scuola non rappresenta una priorità assoluta per il nostro paese. Stiamo proprio dicendolo coi fatti: tra le priorità la scuola non c’è, l’educazione, la formazione, la crescita sana, vengono dopo. Vale a dire che ci si può rinunciare, perché la DDI non è scuola. E si fa sulle spalle di giovani cittadini e cittadine che non votano, quindi non contano nella logica politica degenere.

Sarà difficile veder aumentare il numero delle persone laureate in Italia se alle giovani persone diciamo che la scuola non è importante, sarà difficile poter garantire un’adolescenza piena e vissuta a chi deve viverla attraverso uno schermo…gli portiamo via il futuro insieme alla scuola, e gli neghiamo gli anni della palestra relazionale e sociale attraverso la DDI.
Un caro saluto

Francesca 

Concludiamo, per oggi, con un breve video dei Lavoratori Autoconvocati Scuola
Ridiamo dignità alla scuola 
 
 https://www.facebook.com/727360007314659/videos/137500434853427